PITZENTE MIGALEDDU: UNA VIDA PRO SA SARDIGNA, DAE “SU PÒPULU SARDU” A SAS PELEAS PRO S’AMBIENTE di Federico Francioni

Il nostro fraterno cordoglio. Di Vincenzo Migaleddu, medico radiologo e ambientalista immaturamente scomparso all’età di 64 anni (era nato nel 1952 a Martis, con cui mantenne sempre un legame fortissimo), vogliamo almeno ricordare due fasi fondamentali di un’esistenza spesa per la causa di liberazione della nostra terra da troppi meccanismi di dipendenza, anzi, di servaggio, in grado di avvilirci tutti (o quasi).
Ma prima, in un momento che ci sconvolge, occorre esprimere un cordoglio fraterno alla famiglia di Vincenzo: alla moglie Maria Luisa, angelo della sua vita, docente attiva ed impegnata, ai loro bellissimi figli Gian Michele ed Elisabetta, intelligenti e colti; alla sorella Maria Vittoria, da tanti anni schierata, come il fratello, sul fronte delle lotte per l’ufficializzazione della lingua sarda, a Dia Aikabache, marito di Maria Vittoria, ai loro figli Francesca e Daniele; ai parenti tutti.
L’esperienza nuova ed originale di “Su Pòpulu sardu”.  Desideriamo a questo punto mettere in risalto l’attività di Vincenzo come fondatore ed animatore di “Su Pòpulu sardu-Moimentu contra a su colonialismu”. Senza risalire alla decisiva rottura del Sessantotto e degli anni Settanta, oggi non saremmo assolutamente in grado di cogliere, capire ed interpretare quei fermenti che condussero alla nascita di questa formazione politica, davvero nuova ed originale, per la netta impostazione di sinistra - molto attenta ai conflitti sociali ed alle lotte dei lavoratori - per il respiro internazionalista che era stato proprio, in precedenza, di Antonio Simon Mossa (1916-1971), geniale architetto ed intellettuale poliedrico, sardista e indipendentista: un internazionalismo che purtroppo andò, se non scomparendo, certo ridimensionandosi nelle successive esperienze dell’indipendentismo politico organizzato.
Oltre a Vincenzo (già in precedenza impegnato nella sinistra extraparlamentare), tra i fondatori ed i principali animatori di “Su Pòpulu” vanno ricordati Elisabetta Bocciardo, Mario Carboni, Angelo Caria (anch’egli ci ha lasciato troppo presto), Agostino Columbano, Diego Corraine, Bustianu Cumpostu, Lorenzo Palermo, Gianfranco Pintore, il compianto Bore Ventroni. Si unì a loro il caro e compianto Antonio Buluggiu che operava a Sassari dove furono attivi anche Cicci Puliga (da subito in prima fila nell’impegno politico-organizzativo) ed inoltre Tonino Bassu, Lina Cadeddu, Agnese Cannas, Paola Cristofori, Gian Mario Demartis, Assuntina Marras, Mariolino Murtas, Nando Rocca e Salvatore Sfodello.
I militanti di “Su Pòpulu” venivano in genere accusati di non essere indipendentisti: in effetti questo gruppo - come diceva Vincenzo, (interpellato al riguardo da chi scrive) - teneva in particolare a smarcarsi da una matrice sardista / indipendentista di vecchio stampo, verso la quale veniva formulata una critica radicale, propria di quegli anni. In ogni caso, per fare solo un esempio, lo slogan Contra a s’autonomia de sos isfrutadores, Repùblica sarda de sos traballadores, non lasciava adito a dubbi sulla collocazione indipendentista (ripetiamo, di tipo nuovo ed originale) ed allo stesso tempo di sinistra di questo gruppo: esso si avvaleva del periodico dall’omonima testata, redatto per gran parte in lingua sarda. Era un’altra ragguardevole novità rispetto, in particolare, alla vecchia cultura sardista ufficiale, rappresentata, per esempio, dal pur glorioso giornale “Il Solco”.
Purtroppo, dopo lo scioglimento di “Su Pòpulu”, è mancata una riflessione approfondita ed adeguata su questa esperienza. Comunque il Sessantotto e gli anni Settanta diedero linfa vitale alla cultura impropriamente definita “neosardista” (meritoriamente studiata da Gianfranco Contu), senza la quale negli anni Ottanta la ripresa elettorale del Partito sardo d’azione ed il cosiddetto “vento sardista” non si sarebbero mai verificati. Anche questo nodo meriterebbe senza dubbio di essere ulteriormente chiarito ed approfondito.
Ci pare che, per certi versi, sia stata messa in atto una sorta di rimozione dell’intera esperienza di “Su Pòpulu sardu”, vista come troppo estremista o eccessivamente connotata come forza progressista, di sinistra e “militante”, non in grado di agire trasversalmente sull’elettorato e sull’intera società isolana. Eppure varrebbe la pena tornare a riflettere su questa vicenda dalla quale in molti, anche al di fuori dell’indipendentismo, fummo assai positivamente influenzati. Meritano un’attenta lettura al riguardo le pagine scritte dal giovane politologo Carlo Pala.
Le incalzanti, rigorose battaglie contro il degrado ambientale e le minacce mortali che gravano sulla nostra isola. In una seconda fase della sua vita e delle sue battaglie, Vincenzo amava definirsi soprattutto come “non dipendentista”, perché impegnato nella denuncia del degrado ambientale e di tutti quei meccanismi colonialistici tendenti ad una sottomissione della società sarda, accettati e/o giustificati dai gruppi dirigenti asserviti, nonché da interi segmenti sociali.
Facciamo solo alcuni esempi. Nel numero di gennaio-febbraio 2017 di “Sardinia post” (il magazine diretto da Giovanni Maria Bellu), rispondendo a Piero Loi, autore del dossier Veleni vista mare. Al di là di tutti i limiti di legge, Vincenzo, da tempo impegnato col Wwf ed inoltre responsabile regionale di Isde-Medici per l’ambiente,  dichiarava: un aggiornato studio dell’Istituto superiore di sanità «mostra che nel sesso femminile, nel nord ovest dell’isola, la mortalità per i tumori delle vie respiratorie (trachea, bronchi e polmone) è superiore a quella riscontrata a Taranto». Nel 2015 nella sola Porto Torres si sono verificati 89 casi certificati di tumore, saliti a 136 l’anno successivo con una crescita del 42%. Nel Sin (Sito di interesse nazionale) della stessa città, il pericolosissimo dicloretano è presente nelle acque di falda 29 milioni di volte oltre i limiti di legge! “Sentieri” (acronimo che sta per “Studio epidemiologico nazionale dei territori e degli insediamenti esposti a rischio di  inquinamento”) ha dimostrato da anni che a Sassari e a Porto Torres ci si ammala e si muore (per tutte le cause) più della media regionale. Nella collina di Minciaredda, presso Porto Torres - ma anche altrove - sono stati stoccati rifiuti con caratteristiche di radioattività. E che dire della “darsena dei veleni” dove il dicloretano la fa da padrone? Fino al 2006 si scaricavano nel tratto di mare davanti alla Petrolchimica idrocarburi, cadmio, mercurio, rame, cromo, cianuro e pericolosi solventi, con relativo avvelenamento dei pesci del Golfo dell’Asinara. I legali rappresentanti di Syndial, Sasol e Ineos hanno beneficiato della prescrizione dei reati loro addebitati. «Lì sotto c’è un inferno»: così un dirigente della E.On descriveva gli effetti dello sversamento di olio combustibile dalla centrale di Fiumesanto.
Dal 2011 Vincenzo si opponeva al progetto “Chimica verde” che l’Eni intende alimentare con il fok il quale presenta una concentrazione di idrocarburi policiclici aromatici, incluso il benzene, nettamente superiore all’olio combustibile utilizzato in precedenza.
Vincenzo tracciava un quadro geografico completo ed articolato - documentando specifiche responsabilità - dell’attacco mortale sferrato contro l’isola dal degrado ambientale e dell’inquinamento: nella Sardegna centrale il polo di Ottana rimane fuori delle bonifiche. Però nel 2013 le ciminiere di Ottana Energia, senza avere autorizzazione alcuna, hanno emesso una miscela di acqua e carbone che ha ricoperto di uno strato nero il manto di centinaia di capi ovini. L’amministratore unico Paolo Clivati, citato in giudizio, ha dichiarato che il danno era dovuto a sterpaglie bruciate dagli stessi pastori.
Nel Sulcis, il rio Irvi è inquinato da alti valori di cadmio, cobalto e arsenico provenienti dalle miniere di Ingurtosu. La musealizzazione delle miniere dell’Iglesiente non deve servire ad occultare i pericoli per la salute provenienti, fra l’altro, dai cumuli di terra rossa presso Monteponi.
Euroallumina, nonostante le condanne inflitte a due suoi dirigenti dalla Corte d’Appello di Cagliari, ha presentato in Regione un progetto per raddoppiare il bacino dei fanghi rossi che già, si badi bene, occupa un’area di 177 ettari! Gli inquirenti hanno accertato che gli stabilimenti di Portovesme pompavano nello stesso bacino acqua di falda contaminata da arsenico, fluoruri e boro dopo averla utilizzata nel ciclo di lavorazione. L’Asl n. 7 di Carbonia ha denunciato un aumento delle patologie polmonari nell’area di Portoscuso.
Uno studio dell’Asl n. 8 - mai divulgato - ha evidenziato che tra Sarroch, Assemini e Pula esiste un rischio maggiore del 10%, rispetto alla media italiana, di contrarre emolinfopatie maligne (leucemie e linfomi cosiddetti non-Hodkin). Secondo un articolo comparso su “Mutagenesis”, prestigiosa rivista dell’Università di Oxford, il benzene inquina l’aria di Sarroch e sarebbe responsabile, insieme all’etil-benzene, dell’alterazione del Dna dei bambini che vivono nel paese sede della Saras di Moratti: un degno erede di Nino Rovelli. A Elmas, Sestu e Sinnai, cioè alle porte di Cagliari, esiste un problema diossine.   
Si tenga presente che la geografia del degrado ambientale, dell’inquinamento, del terribile attacco alla salute che minaccia le nostre popolazioni, è molto più vasta. Qui non ci soffermiamo, tra l’altro, sui pericoli incombenti nei territori soggetti a servitù militare. Tanti altri dati ed esempi si potrebbero aggiungere, anche e soprattutto alla luce delle condanne inflitte dalla magistratura e delle indagini giudiziarie in corso. Per le indiscusse competenze, per la precisione delle analisi, per il coraggio mostrato nelle denunce, per la sua attività instancabile, Vincenzo è stato un leader riconosciuto ed insostituibile della lotta ad un degrado non solo ambientale, ma anche etico-politico e culturale. Nel  2015, grazie a questo suo ruolo, veniva invitata in Sardegna la scienziata, filosofa, femminista ed ambientalista indiana Vandana Shiva che, con Vincenzo, parlava ad un folto pubblico riunito presso Abbasanta. Ultimamente Vincenzo era impegnato anche per organizzare un importante incontro nell’isola con Jeremy Rifkin, teorico, fra l’altro, dell’autosufficienza energetica e dell’emancipazione dei singoli e dei territori dai colossi dell’elettricità.
Pro mantènnere arta sa bandela de Pitzente. Isse nos at lassadu una bandela che devimus chircare de mantènnere arta su prus possìbile. Pitzente faghiat riferimentu generale a sa lìtera “Laudato si’” de paba Frantziscu chi de aberu nos podet donare sa possibilidade de allughere (in su sentidu ispirituale austinianu de sa paràula) sas camineras nostras. Sos grupos dirigentes devent essere cramados a sas responsabilidades terrìbiles issoro, dognunu de nois devet leare cussèntzia de sa responsabilidade pròpria. Ite podimus fàghere pro sos logos nostros? Sos sardos de bona boluntade si devent unire in sa  luta a s’incuinamentu pro  su presente e su tempus benidore, pro sighire in su protzessu de liberatzione economica, sotziale, polìtica, culturale e linguistica de sa Sardigna dae dogni subalternidade. Goi amus a collire in manera digna s’eredidade de Pitzente.   


















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